I CENTO CONGRESSI CISL DEL PIEMONTE – sintesi sul web – cinque considerazioni –

Il Congresso Nazionale Cisl che si svolgerà a Roma, all’Eur da 28 giugno al 1° luglio, sarà la conclusione di migliaia di riunioni e congressi territoriali e di categoria. Una grande macchina organizzativa che al momento dispongono solamente le principali organizzazioni sindacali. Sono  4,1 milioni gli iscritti Cisl del 2016 (dati base dei congressi), con il 55,4% di lavoratori attivi. Rispetto al 2015 c’è un calo del 2,9% (oltre 122.500 iscritti). Nel 2016, in Piemonte, gli iscritti erano 260.900. Le regioni con maggior numero di tesserati sono: Lombardia 741.604, Veneto 411.854, Sicilia 305.958, Emilia Romagna 302.887, Lazio 283.261, Puglia-Basilicata 278.670. 

In Piemonte si sono svolti circa 100 congressi di categoria e di territorio, oltre quelli di zona e di azienda dei quali è difficile avere dati. In allegato una sintesi di questi congressi elaborato dal notiziario del sito della Cisl Regionale, e la composizione delle 19 segreterie categoriali. Sempre su www.cislpiemonte.it le quattro segreterie Ust (Torino-Canavese, Alessandria-Asti, Cuneo, Piemonte Orientale) quelle della Fnp, e quella della  Usr Cisl Piemonte.

La redazione di sindacalmente.org ne ha seguiti alcuni. La lettura delle relazioni introduttive e delle mozioni dei 100 congressi è un’impresa fuori dalle nostre possibilità. Chissà se ciò viene fatto a livello confederale, delle categorie nazionali, delle unioni regionali? Chissà se esiste un metodo per tale fine? E’ una cosa davvero importante.

Per quanto abbiamo ascoltato e letto, compresi i servizi su Conquiste del lavoro on line, ci sentiamo di fare alcune considerazioni su cosa sono diventati questi congressi.  

1 – Sono, sempre più, sedi rituali di auto-rappresentazione e di auto-conservazione dei gruppi dirigenti (segretari di categoria e di territorio). Gli interventi sono conseguenti, mai alternativi sulla relazione del segretario generale, neppure su limitati a singoli punti.

La coesione dell’organizzazione non è più misurata sulla lealtà dei comportamenti ma sulla fedeltà a quanto affermano, sia sulle linee strategiche sia per l’organizzazione, i leader sindacali. Nella grande maggioranza gli interventi congressuali sono “calibrati” più per presentarsi ai vertici sindacali che per rappresentare con schiettezza il disagio e le critiche dei lavoratori e  del mondo del non lavoro o degli anziani sempre più emarginati nella società. Nell’iter dei congressi è sempre più debole la documentazione delle assemblee degli iscritti: si consolida il metodo già seguito per l’Assemblea Programmatica di Riccione del 2015 e diventa regola anche per i congressi, senza neppure introdurre le dovute modifiche congressuali. Pensiamo che ci siano state poche vere assemblee di iscritti per discutere e molti verbali “farfalla”. Un davvero grande problema!

2 – Le relazioni e le mozioni, e non da oggi, non sono più redatte con la tradizionale cultura sindacale, intendiamo quella che teneva sempre a mente, soprattutto nel valutare accordi e protocolli, il criterio della “bottiglia mezza piena e mezza vuota”, descrivendo i particolari del  “mezza piena” e altrettanto per il ”mezza vuota”, che poteva diventare anche tre quarti o più in un senso o nell’altro. Questo serve ancora quando si parla agli iscritti e ai lavoratori, per avere credibilità ed essere ascoltati, ma viene abbandonato quando, a Congresso, bisogna ripeterlo ai leader regionali o nazionali: in questa sede anche i modesti accordi vengono iper sopravalutati come nel caso delle modiche alla flessibilità per andare in pensione.

3 –  Le relazioni offrono sempre un buon quadro di analisi. Da alcuni anni il sindacato dispone di più strumenti, anche on line, per redigere testi che ben delineano il quadro di quanto avviene, e ciò  conferisce credibilità alle segreterie in carica. Sono incerte nel delineare strategie convincenti sul futuro prossimo nel quale l’esercito di chi cerca un lavoro sarà ben più numeroso delle offerte per un’occupazione, un mondo dove le nuove innovazioni tecnologiche incideranno con valenze e caratteristiche ben diverse da quelle conosciute con l’avvento dell’industria e della meccanizzazione (elettricità, motore). Pensiamo che una buona parte di sindacalisti ne sia consapevole ma preferisca soprassedere nel trarre le conseguenze che richiedono strategie ben diverse dal nostra tradizione sindacale. Attendono un segnale dall’alto. E se questo ritarda ancora?

4 – Le cose non dette…o dette a bassa voce. Facciamo pochi esempi. Iniziamo dalla principale parole d’ordine della Cisl degli ultimi anni, già dai tempi di Bonnanni: “Spostare il Sindacato nel territorio” e “Più soldati e meno generali” per  costruire le politiche sindacali partendo dai bisogni del territorio. Non c’è proposta per un organismo intercategoriale Cisl (zone o altro nome) dotato di autonomia decisionale sul piano organizzativo e rivendicativo. Nel territorio si dice che serve un nuovo welfare e un nuovo mutualismo e poi si aggiunge che bisogna fare gli accorpamenti nazionali. Ha senso? Per stare nel territorio ci vuole più articolazione categoriale non di meno: la politica rivendicativa deve unire le categorie, ad esempio alcune voci di welfare negoziate a livello aziendale (quando avviene, in genere sono aziende grandi o medie) dovrebbero avere valore per il territorio circostante. Per farci capire: non tanto i bonus solo per i dipendenti per acquisti, fitness, mense, interventi sanitari o quant’altro ma contributi delle aziende (detassati certo) per realizzare – con il concorso degli EE.LL – ad esempio mense di territorio per chi ha un determinato ISEE, poliambulatori per far diminuire i carichi di lavoro e code nei pronto soccorso. E ci sono altri esempi per continuare. Dare un’alternativa al risorgere delle mutue aziendali realizzando forme di mutualismo nel territorio.

L’accorpamento delle categorie è un altro modo di procedere, per altri scopi di “governace” dell’organizzazione come dimostrano anche i gravi commissariamenti (Fai e Fp). La magistratura interna, probiviri eletti da una maggioranza che governa l’organizzazione, sono un rischio per la democrazia interna sempre più elevato in quando il sindacato si è nel tempo trasformato radicalmente: ora è rappresentato e guidato da migliaia di dirigenti a pieno tempo, con un futuro sicuro di lavoro se “collaborativi e fedeli” ai vertici, anche quando sbagliano. Eppure la necessità di trasformare i probiviri in un organismo che garantisca la terzietà (sia nella costituzione sia nel funzionamento) non è presente nei documenti dei 100 congressi celebrati in Piemonte.

Così pure, per lo stesso motivo, nei tanti congressi del “pieno tempo” non sono raccontate e analizzate le cause del flop sulla raccolta delle firme per la proposta popolare di una nuova legge fiscale: 5000mila su oltre 4 milioni di iscritti è ben poco. A cosa servono le anagrafe degli iscritti custodite nelle Usr e Confederazione? Nulla si dice su flop per il part-time agevolato che pure abbiamo sostenuto. E con l’Ape volontaria e sociale i rischi sono nuovamente elevati. Se quanto fin qui ricordato ha senso l’elenco va completato.

5 – Abbiamo ascoltato, in sede di congresso, un intervento del Segretario Generale del Piemonte Alessio Ferraris, che più volte ha ripetuto che “l’azione confederale serve a far rinascere quella coscienza di classe che altri vogliono cancellare..” Si è soffermato più volte a spiegare il significato sociologico di quel concetto e le conseguenza nell’operare. Rimarrà in qualche atto ufficiale? Saranno chiamati a riflettere chi è in causa direttamente: i lavoratori, gli iscritti? Costruiremo una nuova presenza nel territorio elaborando proposte (sia di welfare e sia di mutualismo) capaci di dare gambe e concretezza a quel concetto? Oppure sarà solo una “provocazione “ per i dirigenti sindacali (nei congressi da un certo livello in su ci sono solo loro)  con il gran rischio che quella “coscienza di classe” s’identifichi con “ la coscienza e l’appartenenza” nella corporazione dei sindacalisti, dei dirigenti a “full time”?

Qui termina la prima puntata su “Riflessioni sul Congresso Cisl 2017”. La prossima tra 10 giorni sul punto specifico “ Il lavoro che c’è e quello che manca…e gli immigrati ”.

Vedi allegato

Allegato:
dal_sito_web_regionale_cisl.doc

1 commento
  1. Pier Luigi Trivelli
    Pier Luigi Trivelli dice:

    Negli ultimi tempi mi ero dedicato più al Blog il 9 Marzo che a questo sito. Devo ammettere che il lavoro che fate è molto prezioso, perchè non si ferma alle analisi, ma cerca di costruire un’idea. Credo che se avessimo potuto girare per l’Italia avremmo visto più o meno lo stesso film. Un copione copiato ovunque. Pagine di analisi, percentuali e un encomiabile devozione al capo di turno. Guai al delegato portare nuove proposte, si deve accettare supinamente quello che passa il convento, e quello che passa il convento di questi tempi è miseria nera. Ho voluto partecipare ai congressi come consigliere uscente, anche se non invitato, e seppur non invitato e quindi non gradito, ho fatto i miei banali interventi. Di fronte a me tre platee anestetizzate, facce stanche, inebetite, e vogliose di togliere le tende prima possibile. Sapevo che i delegati erano scelti con cura per fare la loro parte e non capire il copione, ma ho voluto vedere se un bricciolo di anima l’avevano. Al 50 per cento degli intervenuti interessava poco il ragionamento. Il voto pressochè confezionato era poi l’elemento di massima democrazia possibile. Mi appare spesso il ricordo di un “vecchio” sindacalista che, per paura del confronto, selezionava i futuri membri del consiglio e con una innocenza disarmante diceva: “ma se metti quello, poi in consiglio fa gli interventi, parla….”. Ecco questo per dire che il guaio non è di oggi, ne di ieri, ma è più antico. Avevo creato una cartella con dentro un po’ di file vostri e con mie riflessioni e l’avevo chiamata “cisl revolution”, so che le rivoluzioni non accadono da un giorno all’altro, che la brace deve covare bene sotto la cenere per dare vita a nuovo fuoco, ma poi quando la scintilla parte diventa inarrestabile. E’ con questo auspicio che avevo dedicato tempo a questa organizzazione, ma gli idranti del servizio d’ordine sono stati più efficaci. Ad maiora semper Pier Luigi Trivelli

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