Romano Prodi, su Il Messaggero del 21 agosto, inizia così. Mi sono più volte chiesto come mai noi italiani, che non apparteniamo certo all’ultimo dei paesi industriali, non siamo stati inventori né siamo produttori di nessuno dei grandi prodotti di massa che hanno rivoluzionato la nostra vita negli ultimi decenni. Nella prima generazione del dopoguerra siamo stati innovatori non solo negli scooter ma nei prototipi di computer e nelle più raffinate materie plastiche, negli ultimi decenni siamo usciti dalla scena delle grandi innovazioni.
Non siamo stati protagonisti nei fax, non nelle fotocopiatrici, non nei telefoni e nei computer portatili, non nelle lampade a led….. e l’elenco potrebbe continuare. (…) Ricorda che l’Italia ha perso continuamente quota nella produzione industriale globale. Conclude così. Essendo senza giganti dobbiamo rafforzare i nostri produttori che, pur modesti per dimensione, posseggono ancora grandi potenzialità nella loro specifica nicchia di mercato. Dobbiamo cioè tenere conto del fatto che la politica industriale deve costruire in anticipo un futuro coerente con le caratteristiche del proprio paese e non rassegnarsi ad essere vittima del progresso altrui. (v.allegato)
In questo articolo Prodi richiama con link altri suoi articoli (del 2012 e del 2013). Il primo è una lunga sua intervista (v.allegato) rilasciata a Alberto Crepaldi per il sito Linkiesta.it, nella quale indica i veri nemici e i principali freni per il rilancio dell’industria italiana: burocrazia, lentezza della giustizia e criminalità. Il secondo, pubblicato su Il Messaggero, si sofferma sui mali e sui freni prodotti alle imprese dal “dal patto di sindacato” e rilancia il valore strategico delle ”multinazionali tascabili” (v.allegato).
Allegati i tre articoli di Romano Prodi
Vedi anche l'articolo di Franco Astengo
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sempre molto lucido ma.....