Il rapporto di Prometeia, sull’industria italiana e le filiere che si stanno ristrutturando, parla della economia reale, cioè dei processi di cambiamento che i settori attivi della nostra industria stanno affrontando per ricollocarsi nel mercato mondiale. Ci è parso interessante riportare due sintesi del rapporto (una come comunicato di Prometeia e una di News Mercati) perché aiutano a focalizzare bene la organizzazione delle fasi di filiera, i problemi di dimensione delle aziende e la loro gestione.
Il decreto "fare" è stato "fatto" con la motivazione dichiarata di aiutare lo sviluppo e facilitare la attività delle aziende.Non si capisce bene se per ignoranza dei legislatori (e già sarebbe molto grave) o per convincimento, sono state introdotte delle modifiche al DLgs 81e anche a norme molto più vecchie e consolidate, che non hanno mai ostacolato la produttività delle aziende. Norme che sono servite a costuire un percorso condiviso alla prevenzione. Certo è che questo è l'effetto di una gestione della prevenzione, da parte degli addetti ai lavori, tutta formale, che è servita solo a convincere che gli adempimenti erano carta (sovente solo fotocopie) inutili.
Citando da alcuni giornali brasiliani, riporto alcuni elementi di una vicenda che a Torino e in varie parti d’Italia conosciamo bene. Sappiamo (da Rivalta a Melfi) cosa significa l’insediamento di un grosso polo industriale.
Anche in Brasile una intera regione cambierà il proprio aspetto e la propria struttura civile, come è avvenuto decenni fa da noi. Da noi questo ha significato lo spostamento di milioni di persone dal sud al Nord, la trasformazione di assetti urbani, mutamenti sociali e culturali di grandi proporzioni.
Licenziare in Italia è già possibile: più di due terzi delle uscite dalle aziende nel 2010 sono avvenute per scelta imprenditoriale. Nel 33% dei casi si è trattato di veri e propri licenziamenti. E sono proprio i giovani ad essere più colpiti. In Italia attualmente quasi un lavoratore su due è difeso dall'articolo 18. Si tratta di oltre 10 milioni di persone e l'idea che privare questi soggetti della tutela contro i licenziamenti senza giusta causa possa risollevare le sorti dell'economia italiana appare poco credibile. A dirlo è il Censis che nel suo ultimo rapporto analizza la situazione attuale e le possibili conseguenze di una modifica o soppressione della norma, contenuta nello Statuto dei Lavoratori.
500 mila a zero ore con un salario tra 600 e 700 euro al mese, ciò significa un taglio del salario annuale di circa 8.000 euro, complessivamente 3 miliardi e 650 milioni di minor reddito per i lavoratori. Questo è il bilancio del 2011 secondo i dati Inps per la Gic a zero ore. Per la valutazione complessiva della caduta occupazionale e del taglio del reddito da lavoro dipendente bisogna tener conto che il 2011 a totalizzato oltre 950 milioni di ore di cig registrate, che porta il numero di ore totalizzate, negli ultimi tre anni di crisi, a 3,4 miliardi di ore.
La logica che regola il nuovo regime dell'Apprendistato pare essere la stessa che può indicare una soluzione condivisa dalle parti sociali sul mercato del lavoro senza compromettere la sostanza dell'articolo 18 dello Statuto ( esempio il doppio regime previsto dal progetto Ichino). Anche per chi apprendista non è si ipotizza un periodo di lunga prova ( massimo tre anni) nel quale un licenziamento per giusta causa "economica" non comporterebbe il reintegro ma una compensazione economica.
Dal 25 ottobre 2011 è vigente la nuova legge sull’apprendistato. Leggendo ed ascoltando le dichiarazioni di membri del governo, di politici ed anche di dirigenti confederali sembrerebbe che tale evento importante ( avvenuto con il consenso delle Regioni, ed unitariamente delle Confederazioni sindacali e delel associazioni datoriali) sia già svanito. Solamente la Cgil lo pone al centro dell'attenzione per definire un contratto prevalente di inserimento che faccia piazza pulità di tanta precarietà. Ambigua rimane la Cisl per bocca di Bonanni che sembrerebbe indugiare a sostegno dell'esistente. Se così non è batta un colpo!
Rilanciare a crescita è necessario ma è molto difficile. Bisogna invertire un trend storico negativo: il Fmi ci posiziona al penultimo posto nell'ultimo decennio, 179° su 180 Paesi (solo Haiti, terremotata, ha fatto peggio) mentre siamo, col Giappone, primi per vecchiaia di popolazione.
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